A prima vista, quello di Maria fu un atto di fede facile e perfino scontato. Diventare madre di un re che avrebbe regnato in eterno sulla casa di Giacobbe, madre del Messia! Non era quello che ogni fanciulla ebrea sognava di essere? Ma questo è un modo di ragionare assai umano e carnale. La vera fede non è mai un onore o un privilegio, ma è sempre un po’ un morire, e così fu soprattutto la fede di Maria in questo momento. Anzitutto, Dio non strappa mai alle creature dei consensi nascondendo loro le conseguenze. Lo vediamo in tutte le grandi chiamate di Dio. A Geremia preannuncia: “Ti muoveranno guerra” e di Saulo dice ad Anania: “Io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome”. Solo con Maria, per una missione come la sua, avrebbe agito diversamente? Nella luce dello Spirito Santo, che accompagna la chiamata di Dio, ella ha certamente intravisto che anche il suo cammino non sarebbe stato diverso da quello di tutti gli altri chiamati. Ma già sul piano semplicemente umano, Maria viene a trovarsi in una totale solitudine. A chi può spiegare ciò che è avvenuto in lei? Chi la crederà quando dirà che il bimbo che porta nel grembo è “opera dello Spirito Santo”? Questa cosa non è avvenuta mai prima di lei e non avverrà mai dopo di lei. Maria conosceva certamente ciò che era scritto nel libro della legge e cioè che se la fanciulla, al momento delle nozze, non fosse stata trovata in stato di verginità, doveva essere fatta uscire all’ingresso della casa del padre e lapidata dalla gente del villaggio. Noi parliamo volentieri oggigiorno del rischio della fede, intendendo, in genere, con ciò, il rischio intellettuale; ma per Maria si trattò di un rischio reale!
Raniero Cantalamessa