(1) Alla signora per lei reverendissima nel Cristo e alla sorella da amare prima di tutte le mortali, Agnese, sorella dell’illustre re di Boemia, ma ora sorella e sposa del sommo Re dei cieli, (2) Chiara, umilissima e indegna ancella del Cristo e serva delle povere dame, gaudi della salvezza nell’autore della salvezza e tutto ciò che di meglio si può desiderare. (3) Poiché dalla tua buona salute, dallo stato felice e dai prosperi successi arguisco che nella corsa intrapresa per ottenere la ricompensa celeste, sei piena di vigore, sono piena di tanto gaudio (4) e respiro tanta esultanza nel Signore, quanto conosco e considero che tu supplisci meravigliosamente in me e nelle altre sorelle il difetto nella imitazione delle vestigia di Gesù Cristo povero e umile.
(5) Veramente posso godere, né alcuno potrebbe farmi aliena a tanto gaudio, (6) mentre, tenendo già ciò che sotto il cielo ho ardentemente desiderato, ti vedo, sostenuta da una meravigliosa prerogativa di sapienza proveniente dalla bocca stessa di Dio, soppiantare in una maniera terribile e inopinata le astuzie dello scaltro nemico, l’orgoglio che perde la natura umana, la vanità che rende stolti i cuori umani; (7) e ti vedo abbracciare con l’umiltà, la forza della fede e le braccia della povertà, il tesoro incomparabile nascosto nel campo del mondo e dei cuori umani, con il quale si compra colui dal quale tutto è stato fatto dal nulla; (8) e per usare propriamente le parole dell’Apostolo stesso, ti considero adiutrice di Dio stesso e colei che solleva le membra cadenti del suo corpo ineffabile. (9) Chi direbbe dunque che non godo di tante mirabili gioie? (10) Godi dunque sempre nel Signore anche tu, carissima, (11) né ti inviluppino l’amarezza e la nebbia, o dilettissima signora in Cristo, gaudio degli angeli e corona delle sorelle; (12) fissa la tua mente nello specchio dell’eternità, fisa la tua anima nello splendore della gloria, (13) fissa il tuo cuore nella effigie della divina sostanza e attraverso la contemplazione trasforma tutta te stessa nell’immagine della sua divinità, (14) per sperimentare anche tu ciò che provano gli amici gustando la nascosta dolcezza, che Dio stesso ha riservato fin dall’inizio ai suoi amanti. (15) E lasciati affatto da parte quelli che, nel mondo fallace e perturbabile irretiscono i loro ciechi amanti, ama totalmente colui, che per il tuo amore ha donato tutto se stesso, (16) la cui bellezza ammirano il sole e la luna, i cui premi e la loro preziosità e grandiosità non hanno fine; (17) voglio dire il Figlio dell’Altissimo, che la Vergine ha partorito e dopo il parto del quale è rimasta vergine. (18) Sta attaccata alla dolcissima madre sua, che ha generato un tale Figlio, che i cieli non potevano contenere, (19) e tuttavia ella ha raccolto nel piccolo chiuso del sacro utero e ha portato nel grembo di adolescente. (20) Chi non aborrirebbe le insidie del nemico del genere umano, che per mezzo del fasto di momentanee e fallaci glorie spinge a ridurre a nulla ciò che è più grande del cielo? (21) Ora è chiaro che, per grazia di Dio, la più degna di tutte le creature, l’anima dell’uomo fedele, è più grande del cielo, (22) poiché i cieli, con le altre creature, non possono contenere il Creatore e solo l’anima fedele è sua dimora e suo seggio, e ciò soltanto grazie alla carità di cui mancano gli empi, (23) come dice la Verità: Chi ama me sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò, e verremo a lui e faremo dimora presso di lui. (24) Come dunque la gloriosa Vergine delle vergini lo ha portato materialmente, (25) così anche tu, seguendo le sue vestigia, specialmente quelle della umiltà e della povertà, lo puoi sempre portare, senza alcun dubbio, spiritualmente in un corpo casto e verginale, (26) contenendo colui dal quale tu e ogni cosa siete contenute, possedendo ciò che anche paragonato con gli altri possessi transeunti di questo mondo possiederai più fortemente. (27) In ciò s’ingannano certi re e regine mondani, (28) le cui superbie, anche se ascendessero fino al cielo e il cui capo anche toccasse le nubi, alla fine saranno ridotti a un letamaio. (29) A proposito delle cose per le quali tu mi hai già domandato di aprirmi a te, (30) cioè quali sarebbero le feste – come credo tu abbia fino a un certo punto calcolato – che il nostro gloriosissimo padre san Francesco ci avrebbe esortato di celebrare in modo speciale con una variazione di cibi, ho pensato che bisognava rispondere alla tua carità. (31) La tua prudenza avrà saputo che, eccettuate le deboli e le malate, per le quali ci ha esortato e comandato a usare ogni discrezione possibile riguardo a ogni cibo, (32) nessuna di noi sana e valida dovrebbe mangiare se non cibi quaresimali soltanto, tanto nei giorni feriali che in quelli festivi, digiunando ogni giorno, (33) eccettuate le domeniche e il Natale del Signore, nei quali dovremmo mangiare due volte al giorno. (34) E così pure il giovedì, in tempo ordinario, a volontà di ciascuna, cosicché chi non volesse non sarebbe tenuta a digiunare. (35) Tuttavia noi sane digiuniamo ogni giorno, eccetto la domenica e il Natale. (36) Per tutto il tempo di Pasqua però, come dice lo scritto del beato Francesco, e nelle festività di Santa Maria e dei santi apostoli nemmeno siamo tenute, salvo che queste feste non cadano di venerdì; (37) e come è stato detto sopra, sempre che siamo sane e valide, noi mangiamo cibi quaresimali. (38) Ma siccome la nostra carne non è carne di bronzo, né la nostra forza è la forza della pietra, (39) ché anzi siamo fragili e proclive a ogni debolezza corporale, (40) carissima, io ti prego e ti domando nel Signore di ritrarti saggiamente e discretamente da una certa austerità nell’astinenza, indiscreta e impossibile, che ho saputo tu hai intrapreso, (41) affinché vivente confessi il Signore, e renda al Signore il tuo ossequio ragionevole e il tuo sacrificio sempre condito di sale.
(42) Sta bene nel Signore, come io mi auguro di stare bene e raccomanda sia me che le mie sorelle nelle tue sante orazioni.