Mercoledì della III settimana di Avvento

VANGELO (Lc 7,19-23)
Riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito.

ascolto

In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».
In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Commento

Nel brano che ci viene proposto nelle celebrazione odierna sembra che Dio voglia comunicarci la sua vera identità. Lui solo è Dio e non ve ne sono altri. Credo utile fermare la nostra attenzione e riflessione su alcune affermazioni che ci rivelano la sua divinità. Egli si presenta come creatore di tutte le cose. Ha creato la terra “non come orrida regione ma perché venisse abitata” e a Lui venisse innalzato l’inno di lode. Io sono Dio giusto e salvatore: la salvezza proviene solo da Lui. “Dinanzi a Lui si piegherà ogni ginocchio” e davanti a lui compariranno, pieni di vergogna, quanti non lo hanno accettato come loro salvatore. Ma questo brano contiene quella forte invocazione che la liturgia applica proprio al tempo natalizio: “Stillate, o cieli, dall’alto, e le nubi faccian piovere la giustizia (il Giusto), si apra la terra e produca la salvezza (il Salvatore) e germogli insieme la giustizia (il Giusto)”. Entriamo così nel grande progetto di Dio, il progetto della salvezza dell’uomo. Proprio da questa terra, dal fango di questo mondo meraviglioso, di questo cosmo che non riusciremo mai a scoprire, viene a noi il Salvatore, fatto uomo dal grembo della Vergine Maria, dono del cielo all’umanità disorientata, frutto migliore della terra, germoglio della radice di Davide. La parola di Dio tende a convincerci della piena dipendenza da lui. Non siamo noi i creatori, ma è lui e quindi obbedienza amorosa ai suoi comandi, accettazione a quanto egli permette nella nostra vita personale come agli avvenimenti che ci riguardano più o meno da vicino. Data però la radice malata e ribelle della nostra umanità, che tende a proclamare la propria libertà, a gridare il “non serviam”, non ti servirò, ecco Dio manda il suo Figlio diletto che nel presepe si fa modello di obbedienza e di umiltà. Voglia il cielo che la vista di questo prodigioso Bambino ci richiami al culto del vero e unico Dio Padre, ci liberi dai tanti ìdoli che ci costruiamo e da quella autosufficienza che tende a deificare l’uomo e a uccidere la fede in lui.

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