Cristo si fa garante del buon esito della lotta di quanti sono battezzati in lui, dal momento che non rimette tutto alla forza dei combattenti, ma assiste i suoi atleti e li aiuta. Il Cristo è nostro compagno di lotta, ma il compagno di lotta da una mano non a chi giace nell’ozio o è ammalato, bensì a chi sta bene, a chi è in forze e ha coraggio di fronteggiare l’avversario con nobiltà e con valore. Il Cristo, infatti, che opera in noi per mezzo dei sacramenti, si fa tutto: creatore, allenatore, compagno di lotta; l’uno lavandoci, l’altro ungendoci, il terzo nutrendoci. Nel battesimo prima di tutto ricrea le membra, nell’unzione le corrobora con lo Spirito e infine alla mensa si unisce a esse perfettamente e insieme sostiene la lotta; ma dopo la morte sarà l’arbitro della gara e siederà da giudice in mezzo ai santi dei quali condivise le fatiche. Dunque, quando si tratta di prepararci al combattimento, il Signore da tutto lui gratuitamente, plasmandoci e ungendoci perché possiamo vincere; ma non da più tutto quando si fa nostro compagno di lotta e infine non dà niente affatto al tempo dei premi. Infatti non è logico che chi forma l’atleta tralasci qualcosa che serva a ben prepararlo, ma nemmeno la ragione comune ammette che un compagno di lotta assuma su di sé tutto il carico del combattimento. Così non tocca al giudice della gara, ungere, plasmare, o fare la parte del medico.
Antonio Gentili