Mercoledì della IV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

VANGELO (Mc 6,1-6)
Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria.

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Commento

Quanto è avvenuto nella sinagoga di Nazaret è raccontato nei suoi particolari dal Vangelo secondo Luca: “Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro»!” (Lc 4,14-27). È un momento assai delicato. In questo frangente Gesù ha anche rischiato di essere precipitato dalla rupe dalla quale era situata la città. Quando la fantasia, l’immaginazione, i desideri del cuore si impossessando della Parola di Dio, riescono non solo a trasformarla, ma anche a renderla irriconoscibile. È questo il dramma religioso di sempre: da un lato vi è la Parola del Signore e dall’altro il cuore peccaminoso dell’uomo che la legge, la interpreta, la vanifica, l’annulla, la riempie di significati che essa mai ha contenuto, mai potrà contenere.
Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Quelli di Nazaret commettono un errore fondamentale, primario che nessuno mai dovrà commettere se vuole camminare con Dio: il Signore, per compiere le sue opere di salvezza, non ha bisogno di persone alte, colte, dotte, sapienti, potenti, ricche, di elevata condizione sociale. Persone che nella società contano. Dio sempre prende il nulla del nulla, il più umile e il più povero degli uomini e lo costituisce suo strumento di salvezza e di redenzione. La nobiltà di chi è scelto non viene mai dalla terra, verrà sempre dal Cielo, da Dio. Ogni potere di liberazione non viene dagli uomini. È un suo dono d’amore. Gesù questo è impegnato a mostrare in tutto il Vangelo: Lui è perennemente dal Padre nelle opere, nelle parole, nelle decisioni, nei comportamenti, nella presenza in un luogo anziché in un altro. Gesù si meraviglia della loro incredulità proprio a motivo di questa scienza di Dio che loro avrebbero dovuto possedere, ma che ancora non possiedono. È possibile leggere continuamente la Scrittura e non aver compreso il principio primo che regola l’agire di Dio nei nostri confronti? Questo è possibile quando il cuore è inquinato, imbrattato di male e di peccato.

Questa voce è stata pubblicata in Generale. Contrassegna il permalink.