Beato Giacomo degli Strepa

Beato Giacomo degli Strepa

Un infaticabile apostolo della Polonia e della Russia fu, durante il XIV secolo, Giacomo Strepar o Strzemie (italianizzato in Strepa) che, ricco di nascita, mise in pratica l’invito rivolto da Gesù al giovane ricco dei Vangeli: lasciare tutti i propri beni e mettersi alla sua sequela.Giacomo nacque nella diocesi di Cracovia, da una nobile famiglia polacca, intorno all’anno 1340. Era molto giovane quando, affascinato dall’ideale francescano, entrò in un convento di Frati Minori. Si aggregò alla Società dei Frati Pellegrini, composta sia da Francescani che da Domenicani e, con un forte anelito missionario, si prefisse come meta l’Ucraina. Fu eletto guardiano del convento di Leopoli (città fondata nel 1250 circa) in un momento travagliato della storia ecclesiastica di quella città. Vi erano infatti contrasti tra il clero diocesano e i religiosi, e tra cattolici e ortodossi. Ricoprendo, inoltre, la carica di inquisitore della fede in Rutenia, per dieci anni il suo apostolato fu instancabile.
Nel pieno della maturità gli si prospettò una nuova grande missione: predicare la Parola di Cristo in Russia. Tale fu il successo che venne nominato vicario generale e poi vescovo di Halicz, sede vescovile che sarà in seguito trasferita a Leopoli. Fra Giacomo aveva cinquantadue anni.
Infaticabile, il novello vescovo impiegò tutte le sue forze, con un impegno straordinario, per il bene della diocesi. Costruì chiese nei luoghi più remoti ed eresse parrocchie, affidandole a sacerdoti di provate virtù, giunti a volte, appositamente, dalla Polonia. Attento alle necessità dei poveri e dei luoghi di culto, devolse a tali scopi le rendite del vescovado. Si impegnò nella costruzione di monasteri, di scuole e ospedali. A piedi, senza alcun onore, col semplice saio francescano, visitò ogni comunità. Fu esempio d’umiltà, accompagnando l’apostolato attivo con penitenze personali. In ogni azione era spinto da una grande fede interiore, trasmettendo le sue devozioni per il Santissimo Sacramento e per la Madonna. Istituì l’adorazione perpetua e raffigurò la Vergine nello stemma vescovile, invitando a recitare quotidianamente il Rosario. Tanto zelo portò i frutti di un diffuso risveglio religioso del popolo. Il frate vescovo manteneva immutata l’indole missionaria verso gli atei e verso gli ortodossi, desiderando con forza l’unità dei cristiani mentre, per l’alta autorità morale, veniva nominato senatore del Consiglio di Patria. In tale veste dava suggerimenti pratici per l’amministrazione della città, trovandosi un giorno a fronteggiare persino le incursioni dei barbari.
Morì il 20 ottobre 1409 ricevendo per i suoi eccezionali meriti, anche civili, il titolo di “protettore del regno, difensore e custode della patria”. Tale era considerato da tutti.
Il corpo, col saio e le insegne vescovili, fu sepolto nella chiesa dei francescani. Vasta la fama di santità, continui i pellegrinaggi alla sua tomba, mentre si verificavano miracoli per sua intercessione. Dieci anni dopo la morte si riesumò il corpo che apparve incorrotto. Il culto, diffuso in Polonia, Lituania e in Russia, fu confermato da Papa Pio VI l’11 settembre 1790.
Oggi le sue reliquie sono venerate nella cattedrale di Leopoli (L’viv), l’importante città ucraina ricca di storia e cultura che ha tra i suoi padri proprio il nobile frate venuto dalla Polonia.

Autore: Daniele Bolognini

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