XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

VANGELO (Mc 9,30-37) Il Figlio dell’uomo viene consegnato… Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

 

Commento

“Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. Forse che Gesù condanna, con queste parole, il desiderio di eccellere, di fare grandi cose nella vita, di dare il meglio di sé, e privilegia invece l’ignavia, lo spirito rinunciatario, i neghittosi? Così pensava il filosofo Federico Nietzsche. Egli si sentì in dovere di combattere ferocemente il cristianesimo, reo, secondo lui, di avere introdotto nel mondo il “cancro” dell’umiltà e della rinuncia. Nella sua opera Così parlò Zaratustra, egli oppone a questo valore evangelico quello della “volontà di potenza”, incarnato dal superuomo, l’uomo dalla “grande salute”, che vuole innalzarsi, non abbassarsi.
Può essere che i cristiani abbiano talvolta interpretato male il pensiero di Gesù e dato occasione a questo fraintendimento. Ma non è certo questo che vuol dirci il Vangelo. “Se uno vuol essere il primo…”: dunque è possibile voler essere il primo, non è proibito, non è peccato. Non solo Gesù non proibisce, con queste parole, il desiderio di voler essere il primo, ma lo incoraggia. Solo rivela una via nuova e diversa per realizzarlo: non a spese degli altri, ma a favore degli altri. Aggiunge infatti: “…si faccia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”.
Ma quali sono i frutti dell’uno e dell’altro modo di primeggiare? La volontà di potenza, porta a una situazione in cui uno domina e gli altri servono; uno è reso “felice” (se ci può essere felicità in ciò), gli altri infelici; uno solo esce vincitore, tutti gli altri sconfitti; uno domina, gli altri sono dominati.
Sappiamo con quali risultati l’ideale del superuomo fu attuato da Hitler. Ma non si tratta solo del nazismo; quasi tutti i mali dell’umanità provengono da questa radice. Nella seconda lettura di questa domenica S. Giacomo si pone l’angosciosa e perenne domanda: “Da che cosa provengono le guerre?”. Gesù nel vangelo ci da la risposta: dal desiderio di predominio! Predominio di un popolo su un altro, di una razza sull’altra, di un partito sugli altri, di un sesso sull’altro, di una religione sull’altra…
Nel servizio invece tutti beneficiano della grandezza di uno. Chi è grande nel servizio, è grande lui e fa grandi gli altri; anziché innalzarsi sugli altri, innalza gli altri con sé. Alessandro Manzoni conclude la sua rievocazione poetica delle imprese di Napoleone con la domanda: “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”. Questo dubbio, se fu vera gloria, non si pone per Madre Teresa di Calcutta, Raoul Follereau e tutti quelli che quotidianamente servono la causa dei poveri e dei feriti delle guerre, spesso a rischio della propria vita.
Resta solo un dubbio. Che pensare dell’antagonismo nello sport e della concorrenza nel commercio? Sono, anche queste cose, condannate dalla parola di Cristo? No, quando sono contenute dentro limiti di correttezza sportiva e commerciale, queste cose sono buone, servono ad aumentare il livello delle prestazioni fisiche e…ad abbassare i prezzi nel commercio. Indirettamente servono al bene comune. L’invito di Gesù ad essere l’ultimo, non si applica certo alla corse ciclistiche o alle gare di Formula Uno!
Ma proprio lo sport serve a mettere in luce il limite di questa grandezza rispetto a quella del servizio. “Nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio”, dice S. Paolo (1 Cor 9,24). Basta richiamare alla mente quello che avviene al termine di una finale dei 100 metri piani: il vincitore giubila, è attorniato dai fotografi ed è portato in trionfo; tutti gli altri si allontano mesti e umiliati. “Tutti corrono, ma uno solo conquista il premio”.
S. Paolo trae però, dalle gare atletiche, anche un insegnamento positivo: “Ogni atleta, dice, è temperante in tutto. Quello che essi fanno per una corona corruttibile, non dovremmo farlo anche noi per avere da Dio la corona incorruttibile della vita eterna?”. Via dunque alla gara nuova inventata da Cristo in cui è primo chi si fa ultimo di tutti e servo di tutti.

P. Raniero Cantalamessa

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