LA GRATITUDINE

Alle soglie dell’eternità sorge impellente in Chiara il bisogno di ringraziare il Signore, di benedirLo per averla creata. Tutta la vita di Chiara è un’eucarestia, un canto di lode e di ringraziamento a Dio e questo anche nel­la lunga malattia che la inchioda al letto per ben ven­totto anni. In questo tempo di continua sfinitezza “non si ode una mormorazione, non un lamento, ma sem­pre dalla sua bocca proviene un santo conversare, sempre il ringraziamento”. All’inizio del suo Testamento spirituale, Chiara ricorda in primo luogo alle sue figlie il dovere di ren­dere vive azioni di grazie al Padre delle misericordie per i benefici da lui ricevuti e particolarmente per il dono grande della vocazione.” “Credo che l’eternità non mi basterà per ringra­ziare il Signore per tutto quello che mi ha dato” mi rispose una carissima Sorella quando le chiesi a bru­ciapelo come pensava di trascorrere l’eternità. Avere un cuore colmo di gratitudine significa aver fatto esperienza della Bontà di Dio, della Sua Provvidenza, dei Suoi mirabili interventi nella nostra vita. Rileggere la propria storia con gli occhi di Dio, ripercorrendone i memoriali, contemplando come niente ci è accaduto per caso ma tutto è concatenato dal filo della Provvidenza divina, suscita in noi e tie­ne desto il senso della gratitudine. La gratitudine a Dio nasce anche dal riconosce­re che tutto è dono. La vita, prima di tutto, è dono, il Battesimo, la chiamata alla vita Religiosa, ogni so­rella e fratello, ogni evento doloroso o lieto è dono perché luogo della manifestazione di Dio. Qualcuno si spinge più in là e arriva addirittura a ringraziare il Signore per i propri peccati perché tramite essi ha fatto esperienza della Misericordia di Dio. Un cuore grato a Dio, lo sarà anche agli uomini. Un cuore che non ha gratitudine verso Dio, non l’a­vrà neppure verso gli uomini. Da un cuore grato sgorga la lode, il cantico nuo­vo, il giubilo e l’esultanza. Il Serafico Padre non poteva trattenersi dal be­nedire e ringraziare Dio Sommo Bene, per Se stesso, per la creazione, per i molteplici doni che da Lui procedono. E similmente ringrazia anche nelle per­secuzioni, nelle ingiurie patite per amore di Dio, lie­to di essere partecipe delle sofferenze di Cristo. Il senso di gratitudine informa tutta la sua vita e, quale vero povero, tutto considera grazia. Mostra una rico­noscenza commossa quando il Signore gli dona il primo compagno, sembrandogli che Dio si prenda cura di lui. Ringrazia parimenti Dio nei suoi dolori, stimando giusti i giudizi di Dio a suo riguardo. Allorché è divenuto ormai cieco, certo del re­gno che il Signore gli ha promesso e assicurato, pur tra le malattie e le prove più terribili, intona il Cantico delle Creature, lodando e benedicendo Dio per le Sue opere, quelle opere che egli, con gli occhi della carne, non può più mirare e vuole che i suoi Frati vadano per il mondo a cantare le Lodi del Signore e a predicare agli uomini la riconoscenza e la lode. Accogliendo l’esortazione di S. Chiara: “Dob­biamo Sorelle carissime, meditare gli immensi bene­fici di cui Dio ci ha colmate”, esercitiamoci spesso a rileggere la nostra vita come storia di salvezza poiché la gratitudine (come pure la fede) si nutrono con la memoria celebrativa delle meraviglie che il Signore ha compiuto nella nostra vita.

Clarisse Monastero S. Chiara

Biancavilla (CT)

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