La preghiera del Papa e il mistero delle vite che vacillano

Ci sono ferite che non si vedono.
Non fanno rumore, non chiedono aiuto, non bussano alla porta.
Esistono nel silenzio, nel vuoto, nel pensiero che sussurra: “Sarebbe meglio sparire”.
Per questo scuote sentire un Papa pregare pubblicamente per chi arriva a pensare al suicidio.
È un gesto raro: riconoscere che anche la fede attraversa deserti.
Il dolore che nessuno racconta
La Scrittura non disegna un’umanità invincibile.
Davide piange, Geremia maledice il giorno della sua nascita, Elia chiede al Signore di lasciarlo morire.
La Bibbia non giudica la fragilità: la prende sul serio.
E ci ricorda che persino i profeti hanno conosciuto il punto in cui la vita pesa troppo.
Quando il Papa invita a pregare, non spiritualizza il dolore: lo consegna a Dio, come facevano i salmisti.
Significa dire: “Tu vedi ciò che noi non riusciamo più a vedere. Ridona alla vita un senso che sia più grande del dolore.”
Dio non libera dalla notte: la attraversa
Il cristianesimo non è la religione dei forti, ma degli amati.
Sulla croce c’è un Dio che non scende, che non si difende, che non spiega.
Resta.
E quando tutto è buio, pronuncia solo una promessa: “Oggi sarai con me”.
Non è la soluzione del problema.
È compagnia nella notte.
Il suicidio è una tentazione di deserto: quando la vita sembra vuota, quando il futuro è un muro, quando il cuore non sente più nulla.
La preghiera del Papa indica una strada diversa: non negare la notte, ma non attraversarla da soli.
“E il Signore mi diede dei fratelli”
San Francesco non ha cercato discepoli, ma compagnia.
Non voleva stare da solo nelle sue lotte interiori.
Il dono più grande che ha ricevuto è stato qualcuno accanto a cui vivere.
È così che Dio guarisce l’uomo: facendogli trovare un volto umano che diventa riparo.
Ed è così che una comunità cristiana smette di essere un edificio e diventa una casa.
Non con le attività, ma con la capacità di accogliere vite stanche, di ascoltare lacrime che nessuno ha mai visto, di non vergognarsi della fragilità.
Una responsabilità spirituale
Prevenire il suicidio non è solo questione psicologica: è questione teologica.
Ogni vita è un frammento dell’Eterno.
Ogni persona è una parola di Dio nella storia.
E nessuna ferita ha il potere di cancellare quel sigillo.
Custodire chi vacilla significa dire con i fatti ciò che il Vangelo dice con le parole:
la tua esistenza vale più del tuo dolore.
Se non riesci a crederlo, lo crederemo noi per te.
Se non hai forza, useremo la nostra.
Se non trovi un motivo per restare, saremo noi il tuo motivo provvisorio.
Pregare è restare
Forse la preghiera del Papa non è un pio esercizio.
È un invito a non fuggire.
A guardare l’abisso senza voltarsi.
A diventare presenza quando la speranza manca.
Perché la fede non scaccia la notte.
Ma accende una luce piccola, e la tiene accesa finché qualcuno trova la strada per tornare.