San Paolo Miki e compagni

VANGELO (Mc 6,53-56)
Quanti lo toccavano venivano salvati.

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

Commento

Gesù era partito con i suoi discepoli, solo con loro, per assolvere ad un dovere di alta giustizia: concedere agli Apostoli che erano tornati dalla missione un giusto periodo di tempo per riprendersi nella loro forze fisiche e ritemprarsi nello spirito.
Anche lo spirito, il cuore, la mente, la volontà esauriscono le loro energie. Anche queste bisogna che venga recuperate, altrimenti non si agisce più in pienezza di umanità, bensì al minimo delle forze o nella loro totale carenza. Gesù è il Maestro saggio. Sa che solo nella ricomposizione delle forze spirituali e fisiche il lavoro nella vigna del Padre suo potrà esse svolto con sapienza, giustizia, verità.
Lavorare senza sapienza, giustizia, verità, è dannoso per sé e per gli altri. Per se stessi perché si rischia di venire meno e di non lavorare più. Per gli altri perché non si dona loro quanto è giusto, doveroso, opportuno che venga donato. Se un operaio deve “scalzare” un piede di vite e anziché a mezzo metro, lo fa solo grattando un po’ di terra attorno per mancanza di forze, di certo non fa un buon lavoro. La vite non gode neanche di un piccolo beneficio. Questo è il lavoro secondo giustizia. In verità quasi sempre lo si fa nell’ingiustizia, nel non dono all’altro di ciò che gli è dovuto.
La folla non comprende le ragioni della giustizia. Vuole essere servita ad ogni costo. Intuisce dove Gesù sta per recarsi e accorre, precedendo il loro arrivo. Vi è dinanzi a Gesù un gran numero di malati. Ognuno è lì con la sua particolare richiesta. Questa situazione non è solo di questo giorno, ma di tutti i giorni e in ogni luogo dove Gesù si recava. Era il solo che poteva dare qualcosa. Gli altri non davano nulla.
Gesù vuole che la sua sia la fede del dare. Vuole che la sua sia la religione del dono. Cosa si deve dare all’uomo che accorre, si precipita, ci precede? Gesù partiva dalla realtà. È la realtà che richiede il nostro dono. È la domanda dell’altro che chiede la nostra carità. Allora la richiesta era di sole guarigioni. Non vi erano medicine, non esisteva per tutti la scienza medica, per molti anche se esisteva era inarrivabile economicamente o per ragioni di grande distanza, e sapendo che Gesù era vero “medico” dei corpi per guarigione immediata, quanti soffrivano nel corpo vi si recavano e chiedevano secondo la personale, specifica malattia.
Oggi le malattie dell’uomo moderno sono raddoppiate, moltiplicate, centuplicate: è ammalato il corpo con malattie inguaribili nonostante il progresso inarrestabile della medicina, ma è anche e soprattutto ammalato lo spirito. Dell’anima neanche se ne parli. In moti essa è totalmente morta. Si vive come se essa non esistesse .Ora il discepolo di Gesù che deve dare guarigione: deve guarire il corpo, l’anima, lo spirito. Come? Attraverso l’onnipotenza di scienza, fortezza, verità, giustizia, carità, intelligenza, che gli vengono dalla sua fede in Cristo Gesù. O il cristiano diviene l’uomo del vero dono – e il dono è richiesto dalla persona che ne è priva – oppure la sua opera è inefficace. È una parola vana come tutte le parole della terra. È uno slogan che lascia il tempo che trova. È grande il mistero del cristiano. Lo si può assolvere se si è rivestititi di vera potenza dall’alto, se veramente ripieni di Spirito Santo.

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