VANGELO (Lc 4,16-21)
Lo Spirito del Signore è sopra di me.
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Commento
Gesù sa che tutto è perduto. La lontananza con i suoi è abissale, Luca dice che il litigio su chi sia il più grande tra i discepoli avvenne durante l’ultima Cena (che squallore!), Gesù avverte che nessuno (forse solo Giuda) ha colto la gravità della situazione. In quel contesto solenne, liturgico (si celebra la Pesah, la Pasqua degli ebrei), Gesù pone un gesto intenso: dona del pane, dona del vino, quella è la sua presenza – dice – chiede ai suoi di ripetere quel memoriale perché lui sia presente. Mangiano, i discepoli. Bevono, senza capire troppo il misterioso linguaggio del Maestro che oggi sembra più stanco del solito. Dio inizia qui la sua Passione. Il sangue che tra poco copioso scenderà dalle ferite sulla cute del capo, già si mischia a quel vino segno di eterna alleanza, di imperitura amicizia. “Fate questo in memoria di me”, chiede Gesù. E noi obbediamo, amato Rabbì. Stasera e domenica e ogni domenica, ripetiamo quel gesto. Lo rifacciamo per averti presente, per sentirti accanto, per cantare la tua gloria, per misurare il tuo immenso amore. Anche se le nostre messe sono fiacche, le nostre parole stanche, i nostri canti ripetitivi, le nostre celebrazioni distratte e abitudinarie, ripetiamo quel gesto. In obbedienza.