VANGELO (Gv 11,19-27)
Io credo che sei il Cristo, il Figlio di Dio.
In quel tempo, molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà».
Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno».
Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Commento
Il fine del Vangelo secondo Giovanni è di condurre capitolo dopo capitolo all’acquisizione della perfetta verità di Gesù Signore. Con divina e spirituale sapienza, mai con sapienza carnale e umana, ogni episodio della vita di Gesù viene narrato perché è nascosto in esso una luce potente che serve a rischiarare il vero volto del Signore. Questo vero volto ci viene svelato dopo l’ultimo segno che Gesù Risorto dona ai suoi discepoli nel Cenacolo. Gesù è il Figlio di Dio, il Datore della vera vita.
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Gv 20,24-31).
Questa verità era già stata anticipata dall’Apostolo Giovanni nella sua prima Lettera. Gesù è la vita eterna di Dio che viene data a noi attraverso la carne di Cristo Signore.
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,1-4).
Oggi l’Apostolo Giovanni ci rivela la fede di Marta, amica di Gesù assieme alla sorella Maria e al fratello Lazzaro, morto ormai da quattro giorni e che Gesù si sta accingendo a risuscitare. Questa fede è quasi perfetta: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». A Marta manca ancora l’esperienza della Croce, della trafittura del Costato, di Gesù Agnello della nuova vita. Quando questa esperienza sarà completata, allora nulla più mancherà alla sua fede.
Marta ci obbliga a mettere una verità nel cuore. Non c’è fede senza esperienza con Gesù Signore. Poiché l’esperienza si compie nella storia, senza storia mai potrà sorgere la fede perfetta in un cuore. Gesù non dona ai suoi discepoli un trattato sulla sua persona e sulla sua missione da apprendere a memoria. Non insegna ai suoi discepoli il catechismo, la dottrina già definita, perfetta, senza lacune. Gesù vive il catechismo che ogni giorno apprende dal Padre nella sua storia quotidiana. Realizza tutta la dottrina su di Lui e la insegna ai suoi discepoli mostrandola compiuta nella sua carne. Man mano che la storia avanza, anche la fede progredisce. Un ministro della Parola non deve insegnare il catechismo. Deve viverlo e vivendolo lo insegna. Deve mostrare la verità nella sua carne, nella sua storia giornaliera. Mostrandola la insegna. Questa via va vissuta da tutti i discepoli del Signore. La vita è il loro catechismo.