VANGELO (Mt 10,17-22) Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».
Commento
Il primo dei martiri mette in risalto l’aspetto crocifiggente e destabilizzante del natale, la luce viene ma le tenebre non l’hanno accolta!
Otto giorno dura il natale. Otto giorni per avere il tempo di capire, di stupirsi, di credere, di cedere. Otto giorni contrassegnati dalla luce del natale, dalla sfida di un Dio presente e di un uomo assente. Dio è nato, e chiede di nascere ancora nei nostri cuori. La sua presenza è destabilizzante, inquietante, faticosa: il figlio di Dio è costretto a nascere come i poveri e i derelitti e da questi viene accolto e riconosciuto. E subito, in maniera destabilizzante, inquietante, la liturgia ci fa celebrare la morte di Stefano, il primo discepolo ucciso dopo Gesù. Questo accostamento così stridente ci vaccina dal morbo pestilenziale del Natale tarocco, quello fatto di falsi buoni sentimenti. Quel bambino che nasce è segno di contraddizione, fa tremare i re, scuote gli imperatori. Non porta pace ma fuoco, non accarezza ma schiaffeggia. Eccolo, Dio. Diverso, troppo diverso per essere accolto senza sussultare, troppo diverso per non suscitare stupore e rabbia. Stefano, primo di una interminabile schiera di testimoni, è disposto a morire per annunciare la verità della resurrezione di Cristo. Il sangue che celebriamo oggi ci allontana dalla tentazione di sprofondare nel cotone il bambinello. Come coraggiosamente dipingono i fratelli ortodossi nell’icona della natività, il bambino è deposto nel profondo di una tomba, non in una mangiatoia. Egli è già il crocifisso.