La gioia di Dio nell’Antico Testamento
L’AT è un preludio alla gioia cristiana. “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio” (Is 61,10). Il pio israelita ha motivi molteplici per esultare nel suo Dio.
1 – Il primo motivo viene dall’alleanza per cui Israele è popolo eletto, scelto per un amore singolare, sicché sente Dio come il “suo Dio” e si sente popolo appartenente a Lui: “Tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra. Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri” (Dt 7,6-8). “Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi, e non vi respingerò. Camminerò in mezzo a voi, sarò vostro Dio e voi sarete il mio popolo. Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare a testa alta” (Lv 26,11-13). Dio ama il suo popolo “di un amore eterno” (Ger 31,3) di un amore “forte come la morte” (Ct 8,6), di un amore tenerissimo come quello di una madre per il suo bambino (Is 49,15) e come quello di un padre verso il proprio figlio primogenito (Es 4,22). Da questa alleanza e da questo rapporto d’amore scaturisce la gioia. “Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano” (Sal 40,17). “Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza… Varcate le sue porte con inni di grazie, e i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; poiché buono è il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione” (Sal 100). Dio stesso chiede al suo popolo di essere gioioso: “Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza” (Ne 8,10). Il pio Israelita sente di conseguenza l’enorme gioia che gli viene dal suo Signore e prova un’estatica allegrezza, frutto della gioia di sentirsi amato.
2 – Un secondo motivo della gioia d’Israele è la potenza del suo Dio: “Tu sei il Signore, il Dio d’ogni potere e d’ogni forza e non c’è altri fuori di te, che possa proteggere la stirpe d’Israele” (Gdt 9,14). Questa potenza si manifesta in tutta la storia del popolo eletto ed esso vi si abbandona, liberato da ogni paura e sicuro dell’aiuto divino. Perciò ne gioisce (Es 15; Sal 126).
La potenza di Dio creatore fa esultare di gioia le sue creature: “Mi rallegri, Signore, con le tue meraviglie, esulto per l’opera delle tue mani. Come sono grandi le tue opere, Signore, quanto profondi i tuoi pensieri!” (Sal 92,5-6). I cantori ispirati del popolo eletto invitano tutta la creazione a partecipare al loro stato d’animo: “Gioiscano i cieli, esulti la terra, frema il mare e quanto racchiude; esultino i campi e quanto contengono, si rallegrino gli alberi della foresta davanti al Signore che viene” (Sal 96,11-13).
La potenza del Signore è anche potenza che protegge il suo popolo e provvede alle sue necessità: “Egli lo trovò in terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. Come aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le sue ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore lo guidò da solo, non c’era con lui alcun dio straniero. Lo fece montare sulle alture della terra e lo nutrì con i prodotti della campagna; gli fece succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia; crema di mucca e latte di pecora insieme al grasso di agnelli, arieti di Basan e capri, fior di farina di frumento e sangue di uva, che bevvero spumeggiante” (Dt 32,10-14). Per questo motivo Israele deve avere la gioia che Dio esige come segno dell’amore corrisposto; altrimenti Dio metterà il suo popolo alla prova: “Poiché non avrai servito il Signore tuo Dio con gioia e di buon cuore in mezzo all’abbondanza di ogni cosa, servirai i tuoi nemici che il Signore manderà contro di te, in mezzo alla fame, alla sete, alla nudità e alla mancanza di ogni cosa” (Dt 28,47-48).
La potenza di Dio è anche una potenza che salva dalla schiavitù d’Egitto e in tutti i momenti della storia successiva. L’amore salvante diviene un nuovo incitamento a gioire: “Io gioirò nel Signore, esulterò in Dio mio salvatore” (Ab 3,18). Una salvezza che non solo afferra la storia, ma il cuore dell’uomo. Dio trasforma il loro cuore di pietra in un cuore di carne (Ez 36,26) e così una nuova gioia nascerà in loro: “Hai messo più gioia nel mio cuore di quando abbondano vino e frumento” (Sal 4,8).
Infine la potenza di Dio è una potenza che perdona con innamorata longanimità: “Egli perdona tutte le tue colpe… Non ci tratta secondo i nostri peccati… Come dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe. Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di chi lo teme. Perché egli sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere” (Sal 103,3-14).
E la commozione di questa misericordia che perdona è nuovo motivo di gioia per Israele: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato… Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia, esulteranno le ossa che hai spezzato… Rendimi la gioia di essere salvato” (Sal 51,1-14).
3 – Un terzo motivo di gioia per Israele è la presenza di Dio nel tempio e la sua legge. Dio stesso dice a Isaia: “Si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, e farò di Gerusalemme una gioia, e del suo popolo un gaudio” (Is 65,18). Gerusalemme infatti “è la gioia di tutta la terra” (Sal 48,3), è la città dell’arca dell’alleanza e del tempio, casa dell’Eterno, santa dimora di Dio che fa trasalire di gioia quanti la amano: “Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa quanti la amate. Sfavillate di gioia con essa voi tutti che avete partecipato al suo lutto. Così succhierete al suo petto e vi sazierete delle sue consolazioni; succhierete, deliziandovi, all’abbondanza del suo seno. Poiché così dice il Signore: “Ecco io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la prosperità; come un torrente in piena la ricchezza dei popoli; i suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati. Come una madre consola un figlio così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati. Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose come erba fresca” (Is 66,10-14). Per gli ebrei non ci sarà più gioia senza Gerusalemme. E la tristezza della lontananza da essa è espressa meravigliosamente nel salmo 137.
Insieme con la gioia della città santa di Dio, scaturisce la gioia delle feste che in essa si celebrano (Sal 100). La festività religiosa che mette il popolo eletto in comunicazione particolare col suo Dio, sarà sempre tripudio di gioia: “Gioirai davanti al Signore tuo Dio tu, tuo figlio, tua figlia, il levita che sarà nelle tue città e l’orfano e la vedova che saranno in mezzo a te” (Dt 16,11).
Israele canta la sua gioia per la legge del Signore: “Beato l’uomo… che si compiace della legge del Signore e la sua legge medita giorno e notte” (Sal 1,2). Il salmo 119 è un grandioso elogio della legge divina: “Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia più che in ogni altro bene” (v. 14); “Mia eredità per sempre i tuoi comandamenti, sono essi la gioia del mio cuore” (v. 111); “Io gioisco per la tua promessa, come uno che trova un grande tesoro” (v. 162); “Desidero la tua salvezza, Signore, e la tua legge è tutta la mia gioia” (v. 174).
Abbiamo accennati alcuni temi della gioia di Dio nell’AT. Giustamente il salmista parla del “Dio della mia gioia e del mio giubilo” (Sal 43,4) e canta: “Con voci di gioia ti loderà la mia bocca… Esulto di gioia all’ombra delle tue ali” (Sal 63,6-8). Veramente davanti al volto di questo Dio il nostro gaudio deve risuonare costantemente: “Beato il popolo che ti sa acclamare e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto: esulta tutto il giorno nel tuo nome, nella tua giustizia trova la sua gloria” (Sal 89,16-17). È il Signore che ci indica la via della gioia piena e della dolcezza senza fine: “Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra” (Sal 16,11). Il timorato amante di Dio esorta tutti a lanciare grida di gioia all’Eterno: “Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia. Cantate inni al Signore con l’arpa, con l’arpa e con suono del corno acclamate davanti al re, il Signore. Frema il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti. I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene” (Sal 98,4-9).
Mirabile estasi di tutto Israele, del mondo e dei suoi abitanti per il Dio della gioia!
La gioia di Dio nel Nuovo Testamento
Quello che abbiamo contemplato nella storia d’Israele riguardo alla gioia, non è che l’ombra di ciò che è la gioia di Dio nella vita cristiana.
Questa nuova gioia di Dio ha questi luminosi capisaldi:
1 – L’alleanza dell’AT cede il posto alla nuova alleanza nel sangue di Cristo per cui Dio non stringe con noi solo un patto esterno, ma viene ad abitare dentro di noi. E questo Dio è ormai, con esplicita e piena rivelazione, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo, la Trinità che inabita nel cristiano. “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di Dio è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito… Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio… Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1Gv 4,12-16). “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?” (1Cor 6,19). “Noi siamo il tempio del Dio vivente” (2Cor 6,16).
La nuova alleanza raggiunge così il più mirabile scambio dell’amore fra Dio e noi sulla terra, la più intensa presenza di Colui che amiamo in noi. In questa singolare presenza del nostro Bene infinito, l’esperienza dell’amore raggiunge termini meravigliosi e la gioia nuova che ne scaturisce è inesprimibile. A maggior ragione per il cristiano, rispetto al pio israelita, Dio è più decisamente il “suo Dio”. L’amore di Dio raggiunge la sua pienezza nel farci “partecipi della natura divina” (2Pt 1,4) e suoi figli adottivi (Gal 4,5) così che siamo chiamati e siamo veramente figli di Dio (1Gv 3,1). Nessuno più di noi ha conosciuto il cuore del Padre chino amorevolmente su di noi. Nessuno più di noi può conoscere la gioia profonda che nasce da un simile patto nuovo per cui Dio è in noi e noi in Dio. Perciò molto più a ragione che tutti i profeti e gli amici del Dio dell’AT, san Paolo può dirci: “Rallegratevi nel Signore sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi” (Fil 4,4).
L’immagine gioiosa del matrimonio usata nell’AT per esprimere la delicatezza e l’intimità d’amore fra Israele e Dio, acquista nel NT un valore più significativo e più consistente e introduce in forme impensate di intimità che fanno scaturire gioie inimmaginabili. Così si esprimono i mistici feriti dalla piaga d’amore del loro Dio che li abita e li trasforma. Quell’alleanza inaugurata nell’AT che dava tanta gioia a Israele, approda, nel NT, al suo termine definitivo. “Lo sposalizio di Dio con il genere umano si realizza nello stesso essere di Gesù allorché, incarnandosi, il Verbo si fa capo dell’umanità redenta… Il mistero dell’alleanza entrato nella storia imperfettamente attraverso l’AT, diventa perfetto con l’Incarnazione e la sua ultima conseguenza, la Croce” (Grelot).
2 - La gioia cristiana è ancora appoggiata alla potenza di Dio che nel NT manifesta le sue opere più meravigliose. La potenza divina, che ha assistito tutta la storia d’Israele, si manifesta maggiormente “nella pienezza dei tempi” quando la “liberazione” acquisisce il senso interiore e soprannaturale della redenzione attuata. Qui la nostra gioia scaturisce dal senso della trasformazione operata in noi da Dio per Cristo, con Cristo e in Cristo. Con tale trasformazione acquistiamo un modo nuovo di intendere e di sperimentare la potenza di Dio. Siamo diventati in Cristo una nuova creatura (2Cor 5,17), abbiamo rivestito l’uomo nuovo (Col 3,10): Dio che ci aveva così mirabilmente creati, ci ha “ricreati” ancora più mirabilmente. Di conseguenza abbiamo anche una nuova visione di tutta la creazione: “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio… e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,19-21). In tale visione delle cose c’è una nuova ragione per essere sempre pieni di gioia. La potenza di Dio attua il disegno di salvezza in Cristo e così il cristiano ha la gioia di sperimentare un amore che si piega verso di lui fino a risolvere il dramma doloroso e triste della solitudine dell’uomo: “È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati” (Col 1,13). Dio non ci libera solo da schiavitù esterne e da nemici esteriori, ma dal Maligno e dal peccato. E il Padre compie tutto questo mandando il Figlio, espressione massima dell’amore di Dio per noi: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,16-17). Non c’è motivo più grande di questo per la nostra gioia: scoprire la tenerezza dell’amore di Dio rivelatosi a noi in Cristo.
Dio manifesta la sua onnipotenza soprattutto nel perdonare e nell’usare misericordia. L’incarnazione del Verbo è la misura più impensabile della volontà di perdono da parte di Dio. Il nome Gesù è un programma; significa “Dio salva”: “Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21).
3 – La gioia del NT ha infine la sua beatificante novità nella nuova presenza di Dio-Amore in noi. Il tempio di Dio non è più Gerusalemme, ma l’uomo dove Egli abita, in comunione di amore con lui. La nostra gioia è più reale, più intima, più estasiante: “Noi siamo il tempio del Dio vivente” (2Cor 6,16). La prova più alta dell’amore di Dio sulla terra sta in questa misteriosa, ma reale inabitazione. Dice s. Agostino, commentando la Scrittura: “Siate giocondi, o giusti. Già, forse, i fedeli udendo: siate giocondi, pensando ai conviti, preparano i bicchieri, aspettano il momento di coronarsi di rose… Stai attento a quel che segue: nel Signore… Tu aspetti la primavera per far allegria; la tua gioia è nel Signore, egli è sempre con te, e non in una sola stagione; lo hai di notte, lo hai di giorno… da lui ti verrà sempre la gioia”. E ancora: “E la nostra società sia con Dio Padre, e in Gesù Cristo Figlio di Lui. E questo, dice san Giovanni, ve lo scriviamo, affinché la vostra gioia sia piena. Dice che la gioia sia piena in quella società, in quella carità, in quella unità”. E infine: La vita beata è proprio questa: godere tendendo a Te, godere di Te, godere a causa di Te; questo e non altro. Quelli che credono che ce ne sia un’altra, vanno dietro ad un’altra gioia e non a quella vera. Ed anche allora la loro volontà sta attaccata ad una certa immagine di gioia”.
Sull’antica legge perfezionata, spunta come culmine della novità cristiana, il comandamento nuovo: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Il NT è tutto investito dall’amore, respira nell’amore e nell’amore si risolve. Il frutto immediato della presenza di Dio nei giusti è, insieme all’amore, la gioia (Gal 5,22). Di conseguenza si capisce la novità della gioia della festa nel nuovo culto di Dio dopo la redenzione. La gioia non nasce più da un tempio di pietre, ma nel comunicare con l’innamorante mistero della morte e risurrezione di Cristo, con la Pasqua eucaristica, con il giubilo universale per la salvezza, con Dio Trinità, tutto amore, beatitudine e sollecitudine per l’uomo, contemplato in terra attraverso la fede. Dio è veramente “il Dio della mia gioia e del mio giubilo” (Sal 43,4). Lo cercheremo allora, costantemente, con l’atteggiamento dei salmi: “Gioisco in te ed esulto, canto inni al tuo nome, o Altissimo” (Sal 9,3). “Esulterò di gioia per la tua grazia” (Sal 31,8).