Il digiuno non è questione di “tecnica”

La tecnica del digiuno deve essere interamente inserita in una dinamica spirituale per portare un frutto che solo lo Spirito Santo può dare: la preghiera. Il digiuno cristiano non è in primo luogo una specie di regime dietetico a profitto dell’equilibrio fisico e psichico. Sarebbe insufficiente. La fame fisica deve immediatamente orientare verso un’altra fame: quella di Dio. Fame fisica e fame spirituale si allenano armoniosamente nel digiuno che è vissuto nello Spirito e può prendere il nome di “tecnica di preghiera”. Chi digiuna, infatti, deve sperimentare nel proprio corpo come l’uomo non viva solamente di pane, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio. Isacco il Siro ci racconta un aneddoto curioso ma significativo. Un monaco aveva l’abitudine di mangiare solo due volte la settimana. Passava gli altri giorni nel digiuno totale. Ma osservò che il digiuno diveniva impossibile appena prevedeva di dover interrompere la preghiera e il silenzio nel corso della giornata. Un digiuno che non poteva aver di mira, fin dall’inizio, una preghiera ininterrotta diveniva così fisicamente impossibile. Secondo lo stesso autore, un altro monaco fece un’esperienza analoga, ma in senso inverso. Non appena poteva perseverare nella solitudine e nella preghiera, il mangiare gli diventava un problema. Vi si doveva costringere e nonostante ciò non sempre riusciva, perché era ininterrottamente in libera e spontanea conversazione con Dio, senza il minimo sforzo. Il digiuno sfocia dunque normalmente nella preghiera, e pregare conduce inevitabilmente a un’astinenza spontanea dal bere e dal mangiare. Di nuovo incontriamo qui il cuore e il corpo nella loro feconda interazione.

André Louf

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