Come le vergini sagge dell’evangelo, attendiamo noi pure la venuta dello sposo, cercando di mantenere le nostre lampade accese. La Parola di Dio è per noi un olio e sostiene la nostra attesa. Lo sposo infatti non c’è e noi abbiamo solo la promessa del suo ritorno. Quando? Nessuno lo sa. Questa assenza di Gesù e la nostra perseveranza nell’attesa della sua venuta, si esprimono anche in un altro modo nella nostra vita. “Si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: ‘Perché mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?’. Gesù rispose loro: ‘Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno’”. Il digiuno del cristiano è dunque segno che Gesù viene e che la grande prova che deve preludere alla fine dei tempi è già alle porte. Il digiuno ha avuto una funzione simile nella vita di Gesù. Nella solitudine del deserto, prima di iniziare la sua vita pubblica, la grande prova di Gesù è andata di pari passo con il digiuno, nella tentazione per eccellenza: quell’autentico corpo a corpo con il diavolo, da cui uscì vittorioso con la forza dello Spirito che l’aveva spinto nel deserto. Gesù ha combattuto questa lotta, armato soltanto delle parole della Scrittura che maneggiava come frecce contro le suggestioni del tentatore, in una solitudine totale, vegliando e digiunando, in quel luogo inospitale che sempre prediligeva per stare in preghiera di fronte al Padre. La solitudine, il digiuno, la veglia attorno alla Parola, furono per lui, uomo in questo mondo, la scuola dove apprese a pregare. Per questo anche il nostro digiuno è normalmente in relazione con la preghiera; e l’uno e l’altra sono in rapporto con la tentazione e la lotta.
Andrè Louf