Vangelo (Gv 6, 52-59) La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
Commento
Alcune volte si ha l’impressione che le Chiese non irradino più spiritualità. Che esse cerchino di rendere la fede plausibile, che la loro predicazione lasci da parte tutto quello che è strano e, a maggior ragione, tutto quello che sfida la morale corrente. Che l’amore di Dio e del prossimo sia messo sullo stesso piano dell’impegno sociale. Ora, l’uomo ha bisogno di trascendenza, del mistero dell’inconcepibile. Egli lo trova in alcune sette religiose. La Chiesa ha perso a questo punto il suo carattere sacro? Domenica dopo domenica, giorno dopo giorno questa parola è al centro della sua azione: “Prendete, questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. E nessuno che non voglia attenuarlo, trasformandolo in un puro simbolo o ricordo, saprebbe spiegare ciò. È e resta il mistero della fede. Ma questo mistero sembra esercitare sempre meno il suo fascino. Piacciono di più le guarigioni miracolose con l’imposizione delle mani. Tuttavia, il Signore critica questo desiderio di miracoli spettacolari. Non è da questi che viene la salvezza, ma “colui che mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna”… Non può esserci, nella Chiesa, né meditazione né spiritualità se si occulta questo irritante mistero.